Diritto alla disconnessione e smart working
Il diritto di disconnessione è entrato in vigore… si, in Francia.
In realtà la riforma è molto osteggiata nel Paese, presentandosi come un jobs act per certi versi riformista (meno garantista) simile a quello italiano.
La nuova norma francese prevede che le aziende con più di 50 dipendenti debbano stipulare dei codici di condotta in collaborazione con i sindacati per il benessere dei lavoratori, decidendo tra le altre cose dei momenti del giorno e della settimana in cui i dipendenti potranno non essere connessi, evitando di controllare email o altri strumenti di comunicazione con l’azienda.
E’ da quando ho iniziato a lavorare con internet, dal 1995, che il mio tempo trascorso connesso (always on) è andato via via aumentando. In pratica, la separazione tra tempo libero e lavoro si è sempre più affievolita..
Tutto ciò è avvenuto senza rendermene conto: l’avvento degli smartphone prima, l’iPhone nel 2007, e successivamente, le connessioni dati delle rete mobili 3G hanno creato le basi del fenomeno attuale.
Ricordo che leggevo l’email aziendale col mio Nokia N95, tramite il webmail quando c’era disponibile una rete wifi. Bei tempi.
Certo venivi sempre contattato in ufficio e, soprattutto, sul terminale mobile (cellulare). D’altronde, pensavo, l’italiano è molto chiacchierone.
Oggi, invece, ti contattano anche da skype (in calo), su Facebook, su Whatsapp, su Linkedin, ecc.
Per i millenials ciò sembra fin troppo ovvio ma il pensiero che accomuna l’italiano medio è ancora quello di un lavoro organizzato che si svolge in un determinato arco di tempo: le 8 ore.
Sono le idee di Frederick Winslow Taylor che ideò le basi per l’organizzazione scientifica del lavoro, prima fra tutte un’utilizzo razionale della grande massa di forza lavoro scarsamente qualificata.
Il principio fondamentale consisteva nella rigida divisione fra lavoro intellettuale e manuale e nella parcellizzazione del lavoro manuale da cui negli anni ’30 deriverà il fordismo (principalmente basato sul calcolo della produttività media).
Nell’era di una società sempre più dedita ai servizi che alla manifattura, il concetto di produttività andrebbe rivisto non più in base alle ore di lavoro ma agli obiettivi di produttività; lasciando il dipendente libero di organizzarsi gli spazi, i tempi ed i luoghi di lavoro responsabilizzandosi sul proprio operato.
Il diritto di disconnessione però, non riguarda esclusivamente il lavoratore agile, lo smart working, ma tutti anche se tale “diritto” non sarà regolamentato nella contrattazione nazionale ma per singola azienda.
In Italia, il diritto di disconnessione è stato introdotto nel disegno di legge per lo smart working (lavoro agile), qui; tengo a precisare che se ne parla dal 2004.
L’utilizzo intensivo dello smartphone nelle ore serali può comportare effetti negativi (spillover) nei rapporti familiari, in quanto si ridurrebbe la separazione tra ambito privato e quello lavorativo. La costante connessione al lavoro potrebbe anche sfociare nel cosiddetto burnout cioè l’incrinazione dell’equilibrio tra la pressione del posto di lavoro (scadenze, impegni, ecc.) e le risorse (tempo) utilizzate.
L’always-on riguarda quindi l’estensione del tempo trascorso/dedicato al lavoro, non quello del cazzeggio su facebook molto evidente in treno, sui mezzi pubblici ed anche al ristorante. Alienandosi nella propria bolla, senza scambiarsi sguardi o parole col vicino, l’amico, la moglie o l’amante! Ma forse, si tratta più di educazione che di tecnologia.
Il diritto di disconnessione secondo me sarebbe da inquadrare nella mutata società, dove le nuove tecnologie hanno creato nuovi paradigmi sociali, culturali, organizzativi, ecc.. Il problema del lavoro non è quindi l’orario, il luogo, la prestazione.
Negli anni passati, a scuola ma anche al lavoro si indicava la concentrazione come chiave del successo ma oggi il multitasking è subito, non voluto. Siamo bombardati da notifiche, messaggi, telefonate e meno male che sono calati drasticamente gli sms!
Lo smartphone viene utilizzato oramai come una protuberanza della nostra mano, basta presenziare ad un festa di teenager, e vederli dialogare sempre col telefono in una mano.
E’ la nostra vita connessa al mondo: georeferenziati, condivisi, remarketizzati, ecc.